Donne in editoria

Andrea Zanni
5 min readMar 8, 2018

Del post sulle bibliostatistiche del decennio, l’aspetto che più ha destato attenzione è la questione femminile, cioè il numero di autrici donne che ho letto. Il discorso ovviamente è interessante in senso generale; mi autocito:

Sono io che inconsciamente prediligo uomini a donne? La produzione libraria è sproporzionatamente maschile? I temi che mi interessano sono dominio incontrastato di maschi? Quasi sicuramente, un insieme di tutto questo. Peccato, anche qui, non avere un benchmark sull’industria editoriale (anche solo anno per anno), giusto per vedere di cosa stiamo parlando. So che è un dato basso, ma non so quanto, se sopra o sotto la media. L’offerta culturale è certamente parte del problema. Fra l’altro, sono dati che AIE potrebbe ottenere credo senza grande sforzo, anche solo facendo una stima.

Il problema è conosciuto: le donne sono presenza fissa e preponderante nelle redazioni editoriali, sono la quasi totalità delle traduttrici, sono la maggioranza della popolazione lettrici. Eppure ci sono molti, molti più autori uomini (ne parlano giusto oggi a Tempo di Libri).

Ho deciso dunque di continuare l’esplorazione, senza la presunzione di dire una parola definitiva, ma di dare qualche spunto in più. In attesa che persone o istituzioni con più tempo e risorse di me tirino fuori dati migliori.

Sono partito dal catalogo di ebook di MLOL, che comprende oltre 90mila libri, ed è una buona approssimazione dell’offerta editoriale italiana. Sono tutti ebook: quindi o libri nuovi o riedizioni digitali. La propensione al digitale di ogni singolo editore rende questo punto di partenza un po’ biased, ma è ottimo per farsi un’idea.

Ho preso i primi 16 editori per numero di ebook:

e ho iniziato a contare e fare qualche grafico. È importante notare che non sto contando gli autori in assoluto, ma solo i libri scritti da donne o uomini.

Femmine in rosso, maschi in blu, autori vari/non so in verde.

A parte HarperCollins, i libri scritti da donne sono sempre sotto il 40%.

HarperCollins è prima con una percentuale altissima (sfiora il 90%), ma c’è un ma: è una casa editrice molto settoriale, e vende prevalentemente letteratura femminile, scritta da donne per donne (per esempio la collana degli Harmony). Non c’è nulla di male nella letteratura di genere (in tutti i sensi, in questo caso), se non che sballa tutte le statistiche e non può essere confrontata con editori più generalisti. Comunque, qui c’è una bella intervista alla nuova amministratrice delegata, Laura Donnini, che racconta la strategia al femminile della nuova casa editrice.

Anche Sperling & Kupfer lavora con bestseller e romanzi da ombrellone (passatemi il termine): fra gli autori più rappresentati, ci sono Stephen King, Danielle Steel, Sveva Casati Modignani, Nicholas Sparks, e la serie della Signora in Giallo di Jessica Fletcher.

Il problema di collane editoriali dedicate solo alle donne complica l’analisi: se la nostra domanda è capire il rapporto fra autori uomini e autrici donne nell’offerta editoriale italiana, dovremmo farlo su un catalogo neutro, orientato a lettori maschi e femmine. Uno dei problemi è proprio la percezione per cui “le donne scrivono per le donne, gli uomini per tutti” (Emilia Zazza da Augias, citando questo progetto di Carolina Capria). Senza contare che moltissime autrici scrivono libri per bambini e ragazzi (e basta). Al momento purtroppo non riesco a ripulire i dati con questo dettaglio, ma sarebbe importante farlo.

Traduttrici

Dopo il post precedente, sono riuscito a chiacchierare con un mio mito personale, Ilide Carmignani, traduttrice storica di autori come Borges, Bolaño, Sepúlveda.

Le ho chiesto di commentare questi nuovi risultati, che ho ricavato da un’analisi approfondita del solo catalogo Adelphi: tutto il catalogo, in questo caso.

La prima riga rappresenta il catalogo per numero di libri: come fatto prima con gli ebook, prendo tutti i libri e poi conto uomini e donne. Nella seconda riga invece sono riuscito a isolare i singoli autori, e a identificarne il genere.

Sono numeri diversi, ma la conclusione è la stessa: le donne aumentano al diminuire del prestigio nel ruolo editoriale, o viceversa. L’ipotesi di partenza è che essere l’autore di un libro è “più importante” del suo curatore, che a sua volta è qualcosa di più di un “semplice” traduttore.

Ilide ha di fatto confermato questa lettura. Secondo lei, il glass ceiling è stato interiorizzato e quindi c’è proprio un approccio diverso alla traduzione, fra maschi e femmine. Tra i suoi studenti, il giovane traduttore maschio in realtà di solito vuol fare lo scrittore e vede nella traduzione un’attività collaterale minore, da sbrigare un po’ con la mano sinistra, solo perché gli potrebbe pagare le bollette, che poi è quello che accade davvero con molti scrittori maschi non più giovani, anche parecchio famosi (molto difficile ormai campare dei propri romanzi). Insomma per i maschi la traduzione è spesso una seconda scelta o un ripiego. La giovane traduttrice femmina, invece, mira solo a tradurre, e spesso ha perfino paura di non essere abbastanza brava da poterlo fare. Può essere un discorso di ambizione, di sicurezza del proprio lavoro, di sindrome dell’impostore, di obiettivi differenti.

Infine, la curatela è un discorso prettamente accademico: uno cerca di essere un curatore di un libro (e non il suo traduttore) perché una curatela e perfino le note costituiscono un titolo nei concorsi universitari, per vincere un posto da ricercatore e poi avanzare nella carriera. La traduzione, accademicamente, ha un valore scarso o nullo. Una curatela è un surplus di lavoro che economicamente un traduttore non si può permettere: non viene pagata quasi nulla, per cui viene svolto da persone che hanno un interesse, appunto, accademico (questo rimanda alla questione di genere all’interno dell’università, ed è ben al di là delle mie conoscenze e competenze, ma il progetto Plotina ha fatto un grande lavoro di ricerca che vi consiglio).

Conclusioni

Difficile tirare fuori una conclusione precisa da un’analisi così superficiale, ma i numeri credo suggeriscano una conferma di tante cose che gli addetti ai lavori già sanno. L’asimmetria c’è, e su più livelli.

  • in commercio ci sono più libri scritti da maschi che da femmine (confermato). L’analisi si dovrebbe spingere a livello di collane e letteratura di genere.
  • le donne sono il grosso delle case editrici, ma non a livello dirigenziale (da confermare con i dati). Riprendendo una metafora di Ilide Carmignani, “le donne in editoria sono il corpo, ma gli uomini sono la testa
  • le donne rappresentano il grosso della filiera editoriale, ma non a livello di autrici (da confermare con analisi del catalogo di altre case editrici)

--

--

Andrea Zanni

Digital librarian, former president of Wikimedia Italia. I work with books and metadata.